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Allarme aviaria: cosa serve per fronteggiare il dilagare delle epidemie

Il dilagare di zoonosi richiede di ripensare il sistema alimentare e il nostro rapporto con gli animali.

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martedì 06 dicembre 2022

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Il salto di specie interessa anche l’uomo e pone il rischio concreto di scatenare una pandemia.

L'Influenza Aviaria ad Alta Patogenicità (HPAI) è una situazione epidemiologica che ha raggiunto ormai, e già a partire dallo scorso inverno, caratteri di emergenza e di urgenza in tutta Europa.
La portata geografica di questa epidemia è senza precedenti, con casi segnalati per un totale di 37 Paesi europei. Inoltre, con l'inizio della migrazione autunnale e l'aumento del numero di volatili selvatici che svernano in Europa, il rischio aumenta.

La Commissione Europea ha da poco aggiornato la mappa delle zone di protezione e di sorveglianza, in considerazione dei nuovi focolai in cinque Stati Membri: Belgio, Germania, Francia, Italia e Paesi Bassi.
Per quanto riguarda il nostro Paese, l'Italia ha notificato alla Commissione la comparsa di ulteriori focolai di HPAI in stabilimenti di volatili in cattività, soprattutto pollame, situati nella regione Lombardia e nella provincia di Verona.


Alla luce dei casi confermati in Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, il Ministero della Salute ha diffuso un nuovo dispositivo dirigenziale, per prevenire l’introduzione e l’ulteriore diffusione dell’influenza aviaria.
Il provvedimento identifica i numerosi uccelli selvatici infetti dal virus ad alta patogenicità e fissa indicazioni di preparazione all’emergenza, attraverso l’organizzazione e attuazione dei piani di abbattimento e smaltimento.

Anche piani di contenimento degli animali allevati non sono sufficienti per affrontare questa emergenza. L’aviaria è un rischio sanitario molto elevato che impone di riconoscere la necessità di interrompere la catena del contagio, ripensando drasticamente il nostro rapporto con gli animali e il nostro modo di vivere su questo Pianeta.

Il provvedimento adottato palesa come, ancora una volta, a farne le spese siano gli animali negli allevamenti, ma anche i selvatici, che vengono considerati colpevoli “vettori” di un virus che, per loro, è naturalmente influenzale. Negli animali selvatici, infatti, con particolare riferimento agli uccelli migratori acquatici, si trovano generalmente virus dell’influenza aviaria del sottotipo LPAI, ovvero a bassa patogenicità.

Tuttavia, gli stessi selvatici, se contagiati dopo che il virus è mutato all’interno di allevamenti di volatili e si è trasformato in HPAI, ad alta patogenicità, possono riportare conseguenze gravi ed addirittura fatali.
Gli scienziati sostengono che almeno alcune delle specie di uccelli acquatici migratori sono diventati serbatoi del sottotipo HPAI, mutato nel passaggio da animali allevati a selvatici, tra cui i morti sono stati migliaia nel corso degli ultimi due decenni. Come già accaduto in passato, il salto di specie non si limita a quello tra animali selvatici e allevati, e viceversa, ma interessa anche l’uomo, ponendo un rischio concreto di evolversi e scatenare una pandemia.

Alla luce del novellato art. 9 della Costituzione, la Repubblica finalmente tutela “la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”. Inoltre, la legge dello Stato disciplina “i modi e le forme di tutela degli animali”. Ciò pone un limite importante: la legge dello Stato può disporre sugli animali, ma al fine di tutelarne la vita.

La centralità e la statualità della disciplina di tutela degli animali, ottenute con la recente riforma costituzionale, impongono di affrontare il tema delle zoonosi in modo diverso: disporre così facilmente abbattimenti di animali, anche in via preventiva, non è più possibile e si continua anche a rivelare inutile. Il dilagare di zoonosi richiede di cambiare il sistema alimentare ed il nostro rapporto con gli animali.

Alternative agli abbattimenti esistono, come nel caso del gennaio 2022 al Chico Mendes, rifugio per animali di Campi Bisenzio (FI), dove il problema è stato arginato isolando e controllando gli animali. Una simile soluzione sembra essere stata praticabile anche a Monte Urpinu per i 60 volatili rimasti (gli altri oltre 250 già purtroppo abbattuti) per i quali era stata disposta una sospensione degli abbattimenti a seguito di dieci giorni di presidio di cittadini e associazioni e a seguito della diffida inviata da LAV. A Cagliari è, infatti, cessato il pericolo influenza aviaria ed il sindaco ha riaperto lunedì 5 dicembre Parco Monte Urpinu: una chiara evidenza di come la sanità pubblica possa essere tutelata con serie pratiche di isolamento e controllo e senza disporre abbattimenti di animali.

Gli interventi per scongiurare nuove zoonosi sono chiari a LAV che, consapevole dell’impatto degli allevamenti anche sul propagarsi di virus, in lucide analisi post pandemia, aveva indicato nel suo manifesto l’impegno necessario.

Il punto è che ad essere innaturale è la presenza di animali allevati, non certo di animali selvatici. Il vero e unico vettore e la reale causa di situazioni simili di contagio e salto di specie è il settore zootecnico che da un lato alleva animali in condizioni terribili e li seleziona geneticamente indebolendone le difese immunitarie e dall’altro, nella sua espansione, continua a determinare una deframmentazione ambientale importante. L’habitat delle specie selvatiche è, infatti, costantemente minacciato e grandemente ridotto e questo aumenta il rischio di contatto tra specie selvatiche e specie domestiche.

Per questo l’influenza aviaria si presenta, ormai regolarmente – senza esser mai del tutto sparita - nel territorio nazionale e può avere conseguenze devastanti per l’elevato tasso di mortalità che può essere raggiunto, ma anche per il forte impatto economico che ne consegue, e ricade sulla collettività, dovuto all’adozione di politiche di eradicazione e smaltimento, e ai ristori destinati al comparto. Tutto ciò fa parte del costo della carne, “nascosto” ormai solo a chi non vuol vedere. L’impatto del ciclo di produzione e del consumo della carne, in termini di costi ambientali e sanitari è sempre più evidente e le conseguenze sempre meno arginabili.

Ribadiamo l’esigenza di azzerare i numerosi sussidi che sostengono la filiera zootecnica e chiediamo al ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida, al ministro della Salute Orazio Schillaci e al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin di intervenire con vere misure di prevenzione a fenomeni epidemici di tale portata, sostenendo la transizione alimentare verso prodotti a base vegetale. LAV

Per gli stessi motivi LAV aderisce all’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the slaughter age” che ha l’obiettivo di escludere l’allevamento dalle attività ammissibili ai sussidi agricoli a favore dell'inclusione di alternative etiche ed ecologiche e di incentivare la produzione e la vendita di prodotti a base vegetale e di quelli realizzati con l'agricoltura cellulare (come la carne coltivata).

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