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8 marzo: 'Animali esseri sensibili' un saggio di Annamaria Rivera

"La messa a distanza e l'assegnazione al campo “inferiore” della natura, degli animali, delle donne e degli “estranei” si riflette tutt'oggi nei sistemi teorici e nei lessici dello specismo, del sessismo e del razzismo".

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Ultimo aggiornamento

venerdì 07 marzo 2025

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Un saggio di 'antropologia animalista'

Studiosa delle discriminazioni, nota per il suo impegno antirazzista, antisessista e antispecista, l'antropologa, saggista e attivista italiana*, Annamaria Rivera nel nuovo saggio Animali esseri sensibili – pubblicato questo mese da Empateya Edizioni, con il patrocinio di LAV - offre un elemento di originalità e di riflessione nel confronto tra il comportamento degli umani rispetto alle altre specie animali e nell'analisi delle discriminazioni speciste anche attraverso la realtà femminile.

Il saggio, arricchito da foto tratte dall'archivio dell'autrice, riassume in modo divulgativo il concetto di "antropologia animalista" elaborato in trent'anni di ricerca.

Una lettura ricca di spunti di grande profondità, tanto più nella ricorrenza dell'8 marzo.

La postfazione è a cura di Gianluca Felicetti.

Leggi alcune riflessioni tratte da Animali esseri sensibili.


(…) È l'umano occidentale ­moderno che ha inaugurato la retorica secondo la quale l'alterità non può essere definita se non attraverso un criterio privativo. L'animale non-umano sarebbe caratterizzato da ciò che gli manca: la ragione, l'anima, la coscienza, il linguaggio, la cultura… Mai per la sua singolarità. A tal proposito, le scoperte numerose e innovatrici nel campo dell'etologia e della psicologia cognitiva ci hanno indotte/i ad abbandonare poco a poco i vecchi criteri privativi. Ciò malgrado, il pensiero dogmatico della supremazia assoluta degli esseri umani inventa sempre delle nuove differenze radicali, non fondate o perfino ridicole. Un tempo si diceva che l'uso di utensili era «proprio dell'Uomo», finché non si è scoperto che talune specie di animali li utilizzano. Poi si è sostenuto che solo gli umani sono capaci di fabbricarli, quando, in realtà anche gli scimpanzé e altri animali ne sono capaci. Più tardi si è affermato che gli animali non hanno un linguaggio articolato. E invece si è potuto insegnare a certi primati il linguaggio gestuale dei sordomuti umani, con la sintassi e altre regole. Coloro che si sono interessate/i alla questione di genere, noteranno la grande somiglianza tra le motivazioni ora elencate per inferiorizzare gli animali e quelle utilizzate per collocare le donne su un gradino umano più basso. Considerata inferiore nelle prestazioni sportive, inabile per certe mansioni, inadatta ad alcune attività, la donna ha sofferto di alcuni pregiudizi, progressivamente smentiti con l'avanzare dell'autonomia e della considerazione che il genere femminile è riuscito a conquistarsi. È indubbio che lo stesso accadrà per gli altri animali non-umani: quanto più aumenterà la nostra conoscenza delle loro abitudini e la possibilità di comunicare con essi, tanto più cadranno i pregiudizi che sbarrano la strada ad un mondo migliore per tutto il vivente. Oggi abbiamo tutti gli elementi scientifici per affermare che gli animali sono degli esseri sensibili, in molti casi dotati di coscienza, nel senso più forte del termine.

Gli animali, le donne, gli «estranei

Potremmo acquisire una profonda consapevolezza, resa possibile dal cambiamento della nostra visione, attraverso il punto di vista animale. Grazie ad esso la percezione e il comportamento nei confronti degli altri animali diventerebbero strumenti atti a misurare il carattere di una società, di una cultura, di un individuo. È un'ipotesi alquanto fondata che il dominio sulla natura abbia innescato il processo di svalutazione degli animali, ma anche del genere femminile - come ho già rilevato -, anch'esso percepito e trattato come natura ostile, da soggiogare ed eventualmente da fecondare. La bestialità di coloro, soprattutto degli animali, che sono in posizione dominata o subalterna diviene così la garanzia dell'umanità di coloro che sono in posizione dominante. La messa a distanza e l'assegnazione al campo “inferiore” della natura, degli animali, delle donne e degli “estranei” si riflette tutt'oggi nei sistemi teorici e nei lessici dello specismo, del sessismo e del razzismo, nei quali i riferimenti alla Natura e agli animali sono così centrali e ricorrenti da configurarsi come universali.

Antropologia della domesticazione

È opinione fondata che il dominio sulla natura abbia innescato il processo di svalutazione degli altri viventi e del genere femminile, anch'esso talvolta percepito e trattato come natura ostile, da soggiogare e fecondare. La «bestialità» di coloro che sono in posizione dominata o subalterna diviene così garanzia di umanità per coloro che sono in posizione dominante. Si può aggiungere che, nella semantica occidentale dei rapporti di dominio, il ricorso alla metafora dell'animalità è una tendenza costante. Per squalificare, de-legittimare, stigmatizzare e/o inferiorizzare gli altri e il genere femminile è frequente il ricorso alle figure metaforiche dell'infra- umanità o, peggio, della sub-umanità: elaborate sulla base del riferimento all'animalità, o per meglio dire, alla bestialità, cioè alla parte più oscura, pericolosa e negativa attribuita agli animali, a loro volta sovente bestializzati/e.
Si tratta del medesimo dispositivo che è alla base del sessismo e del razzismo: noi (maschi, occidentali, dominanti) opposti a tutti gli altri, the West and the Rest, per usar la formula di Samuel P. Huntington, il teorizzatore dello «scontro di civiltà». Per sovvertire questo modello occorre anzitutto mostrarne la parzialità: per quanto si sia diffuso nelle aree più disparate, è nato da una piccola frazione di pensiero filosofico-occidentale-moderno, che tende a pensare secondo polarità contrapposte il rapporto fra natura e cultura, che separa culturalmente e moralmente gli umani dai non­umani, che istituisce una frattura insanabile fra soggetti umani e oggetti animali, negando a questi ultimi la qualità di soggetti dotati di sensibilità, biografie, mondi, culture, storie.

*L'autrice è stata docente di etnologia e di antropologia sociale presso l'Università di Bari, editorialista per i quotidiani Il Manifesto e Liberazione e ha collaborato con la Gazzetta del Mezzogiorno, La critica sociologica, Micromega.