Ventisei veterinari pubblici di Roma, a oltre un mese dai tragici fatti (!) hanno firmato una lettera di solidarietà ai loro due colleghi che hanno narcotizzato e ucciso mamma cinghialessa e i suoi sei cuccioli in un giardinetto pubblico a Roma.
Ricordate quella tragica sera che è balzata almeno, per fortuna, al pubblico ludibrio a livello nazionale?
E’ in corso, anche grazie alla nostra denuncia un’inchiesta della Procura della Repubblica. Sarà questa ad accertare le chiare violazioni del Codice penale, in particolare quella della cosiddetta “uccisione senza necessità”, previsti due anni di reclusione. Quelle morali, di violazioni, sono chiare. Le responsabilità, quindi, di Roma Capitale, Roma Città Metropolitana e Regione Lazio che speriamo siano sanzionate (ah, a proposito, ancora nessuna notizia dei risultati della strombazzata famosa Commissione d’inchiesta istituita dalla Sindaca Raggi, una delle firmatarie del Protocollo d’Intesa che prevede l’uccisione dei cinghiali, firmato assieme al Presidente Zingaretti).
I ventisei veterinari firmatari della lettera - diffusa dal loro Sindacato Sivemp - sono vicini ai loro due colleghi per gli insulti e gli spintoni subiti quella sera - e subito sgombro il campo, dicendo che questi sono inaccettabili, tanto più quelli a sfondo sessista come quelli subiti nella stessa occasione dalla deputata Brambilla rivolti a lei dal Capo Dipartimento ambiente e animali di Roma Capitale, Visca, ancora ben saldo al suo posto, come il Presidente Diaco della Commissione Ambiente dell’Assemblea Capitolina, che non hanno fermato la mattanza - ma soprattutto i ventisei veterinari scrivono a Prefetto, Sindaco e al loro datore di lavoro, il Presidente della Regione Lazio Zingaretti, che i due loro colleghi dell’Asl Roma A erano chiamati “con senso di responsabilità a eseguire azioni che seppure dolorose, sono imposte dal ruolo”.
A me questo non torna, e la frase “imposte dal ruolo” la trovo in primis un attacco proprio alla professione medico veterinaria, una violazione del Codice Deontologico che regola la loro professione, laddove vi è invece l’impegno a promuovere il rispetto degli animali in quanto esseri senzienti, a esercitare la professione con diligenza e prudenza, a comportarsi con coscienza, a effettuare eutanasia laddove previsto dalla Legge (e in questo caso non c’era Legge che lo prevedesse) e non sono riuscito a trovare alcun passaggio nel quale il veterinario è chiamato a uccidere animali sani, con aspettative di vita, per i quali vi erano santuari disponibili a prenderli, e non ho trovato alcun articolo che autorizza il veterinario a uccidere animali al di fuori dal loro impiego in attività regolate da Leggi come la macellazione e la caccia.
Premesso poi che anche un dipendente pubblico può fare obiezione di coscienza, può al limite “darsi malato” e non eseguire un ordine che gli viene imposto (da chi, dato che la Regione Lazio quel giorno si era schierata pubblicamente per una sorte diversa degli animali con dichiarazioni dell’Assessora Onorato?), ho un altro dubbio sulla legittimità dell’operato dei due veterinari Asl Roma 1 in quella maledetta sera.
La FNOVI-Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani, alla quale tutti i veterinari aderiscono in quanto iscritti al proprio Ordine provinciale per poter esercitare la professione, da alcuni anni ha opportunamente pubblicato l’elenco dei veterinari abilitati all’uso della telenarcosi con un elenco diviso per Regione e per specie animali. Ebbene, su Roma vi sono i due veterinari che hanno utilizzato quella sera - leggiamo dalla lettera dei loro colleghi - la telenarcosi? Almeno uno, sicuramente no. Telenarcosi quindi, apprendiamo, non esercitata dalla Polizia della Città Metropolitana (ex Polizia Provinciale) presente sul posto così come era stato indicato in un primo momento.
Ultima amara considerazione: la Presidente dell’Ordine provinciale dei Veterinari di Roma e il Segretario regionale del Sindacato Sivemp hanno scritto alle Autorità proprio oggi per chiedere “una più adeguata e agevole applicazione del Protocollo”, quindi non hanno intenzione di metterlo in discussione ma soprattutto chiedono che per altri simili interventi, e ce ne saranno sui cinghiali visto che il Protocollo d’Intesa Regione-Comune-ex Provincia non è stato cambiato a oggi in una virgola, di tenere lontano pubblico e media dai luoghi di intervento. Cioè vogliono continuare a uccidere cinghiali, e in segreto. Il manovratore non va disturbato, così come la loro immagine. Complimenti. Almeno i ventisei loro colleghi nella lettera hanno scritto di “azioni seppure dolorose”.
Noi intanto continueremo a voler salvare animali e a promuovere la medicina veterinaria che applica le Leggi, rispetta il proprio Codice Deontologico e fa davvero scelte in “scienza e coscienza”.
Gianluca Felicetti
Presidente LAV