Quanto avvenuto sabato 8 agosto a Cefalù (Palermo), è una sconfitta per tutti: “esprimiamo la nostra solidarietà alla famiglia della vittima, così duramente colpita. La morte dell’uomo, avvenuta a seguito delle ferite riportate nello scontro con il cinghiale, è però conseguenza del comportamento di qualsiasi animale, uomo compreso, quando si trovi di fronte una minaccia nei confronti della sua prole – afferma Massimo Vitturi, responsabile LAV Animali selvatici – tutti gli animali difendono i propri piccoli, anche a costo della propria vita. Lo farebbe chiunque di noi, e lo ha fatto, pur nella tragicità degli esiti, il cinghiale che si è sentito minacciato dai cani e dal loro proprietario.”
Ciò che è accaduto impone una approfondita riflessione sulla gestione degli animali selvatici, troppo spesso affidata ai cacciatori, i cui interessi sono naturalmente in contrasto con una soluzione a lungo termine del problema.
“Nel caso dei cinghiali, l’approccio venatorio alla gestione degli animali selvatici dimostra quindi tutto il suo fallimento e la sua totale inefficacia – prosegue Vitturi – uccidere gli animali per contenerne il numero non ha senso perché comporta inevitabili squilibri nella struttura sociale delle specie selvatiche che saranno indotte a riprodursi di più allo scopo di recuperare la densità in equilibrio con le risorse fornite dal territorio”.
E’ ora che le amministrazioni investano sulla prevenzione, attuando un controllo della fertilità dei cinghiali. Negli USA esiste un contraccettivo usato da decenni per gestire le popolazioni di grandi erbivori selvatici, che con una sola iniezione consentirebbe di sterilizzare un cinghiale per 3-5 anni.
“Il Presidente delle Regione Sicilia, Crocetta, si astenga dal proporre scorciatoie amministrative dettate dall’emotività. – aggiunge Massimo Vitturi – E’ necessario pensare a soluzioni pragmatiche e di buon senso Se la priorità è la sicurezza dei cittadini, sguinzagliare centinaia di cacciatori dotati di potenti fucili con gittata superiore ai 3 Km in piena stagione turistica, può produrre effetti ancora peggiori del male che si vuole curare”.