Basta ricerca inutile e dolorosa su più di 115 milioni di animali ogni anno. E' necessario incentivare la ricerca “per i malati” sostenendo i metodi sostitutivi e i centri d’eccellenza come la BioBanca (tessuti umani volontari) di Genova.
Oggi, 24 aprile, si celebra la Giornata Mondiale degli Animali “da laboratorio”, per ricordare lo sterminio silenzioso di oltre 115 milioni di animali che ogni anno soffrono e muoiono per una ricerca inutile e dolorosa. Questa commemorazione è stata lanciata nel 1979 dalla più antica organizzazione antivivisezionista inglese, la National Anti-vivisection Society di Londra, e poi riconosciuta come Giornata Mondiale dalle Nazioni Unite.
In occasione di questa ricorrenza, la LAV chiede alle istituzioni massimo impegno per incentivare e finanziare i metodi sostitutivi. Questi, infatti, rappresentano la ricerca più all’avanguardia e sono già numerosi: proprio in Italia possiamo vantarci, almeno, della BioBanca di Genova, un “deposito” di cellule dei tumori asportati nell’uomo da utilizzare per testare l'efficacia dei farmaci; un modo concreto, sicuro ed etico di condurre ricerca, dove volontari donano in maniera consapevole tessuti che andrebbero altrimenti gettati, invece di indurre artificialmente patologie in specie diverse che vengono inutilmente uccise per fornire dati inutilizzabili.
“Il nostro Paese deve cambiare rotta e preoccuparsi concretamente del futuro dei malati finanziando lo sviluppo di tecniche che non facciano uso di animali ma utilizzino l’unico modello attendibile: l’uomo. -afferma Michela Kuan, biologa, responsabile LAV Vivisezione - E’ ora che l’Italia scelga di tutelare gli oltre 2 milioni di malati di tumore, ai quali si aggiungono milioni di persone affette da altre patologie, con una seria ricerca e abbandonando tecniche obsolete che evidentemente hanno fallito".
La sperimentazione animale viene, spesso, pubblicizzata come un “male necessario” in modo da indurre le persone ad accettare pratiche chiaramente violente e dolorose sugli animali perché giustificate dal fine ultimo per l’uomo.
Ormai da decenni il modello animale è fortemente criticato dalla comunità scientifica e sono sempre maggiori i ricercatori che rivolgono altrove i propri campi di analisi preferendo metodi più innovativi, etici e utili per la nostra specie che non si avvalgono di animali. Purtroppo questo trend non è in atto in Italia che continua a voler rimanere ancorata alla vivisezione, giustificando un metodo che non ha basi scientifiche (infatti non è mai stato validato), fallisce in più del 90% dei casi e si è diffuso alla fine dell’800: in un mondo che manda informazioni tramite satelliti e tablet dal punto di vista scientifico è come se comunicassimo con il telegrafo.
La nostra specie si ammala sempre in maggior percentuale di malattie cronico degenerative e l’incidenza del cancro è in continuo aumento arrivando a 364.000 nuove diagnosi di tumore nel 2013 in Italia. Proprio in questo campo il modello animale ha fallito gravemente come in eclatanti casi quali l’arsenico, dove sono stati condotti 70 anni di studi su cavie senza che si trovasse una specie animale e una modalità di somministrazione che permettessero di ipotizzare qualche “conferma” (IARC- International Agency for Research on Cancer) o come nell’evidente correlazione tra fumo di sigaretta e cancro polmonare che non è stato possibile riprodurre negli animali “di laboratorio” con un notevole ritardo nei provvedimenti legislativi a tutela della salute pubblica (Coulston and Shubick 1980).
Chiarificatrice la dichiarazione di Richard Klausner, direttore del National Cancer Institute, che già nel 1998 affermava: “La storia della ricerca sul cancro è stata una storia di cura del cancro nel topo [...] Abbiamo curato topi dal cancro per decenni, e semplicemente non ha funzionato negli esseri umani".
Anche in tempi più recenti sono numerose le voci contrarie alla sperimentazione animale in ambito oncologico perché scientificamente inutili e fuorvianti, come ad esempio, pubblicato nel 2010 su Nature Medicine: "La complessità del cancro metastatico umano è difficile da imitare nei modelli murini. Come conseguenza, gli studi apparentemente di successo nei modelli murini non si traducono in un successo nelle successive fasi della sperimentazione clinica, versando i soldi, il tempo e la speranza della gente giù per lo scarico"(Dr. Ellis & Dr. Fidler).
“Il vero problema rappresentato dalla sperimentazione animale è che, aldilà delle valutazioni etiche che ne vieterebbero l’uso, i risultati positivi non hanno mai rappresentato valori significativi. Si sa bene che l’indice di insuccesso globale di tali pratiche raggiunga e addirittura superi il 90% e che in campo oncologico l’aggravante delle induzioni oncogene e delle esposizioni forzate ad agenti oncogeni, vista la complessità del sistema immunologico di ogni specie, costituiscano elementi fuorvianti e privi di ogni fondamento –afferma il prof. Roberto Zarcone, chirurgo specialista in ginecologia e ostetricia e in oncologia - Per non parlare, infine, dell’inutile ripetitività di esperimenti i cui risultati hanno sempre dato degli esiti clamorosamente fallimentari. Il coraggio di cambiare è oggi confortato ampiamente dal moltiplicarsi di metodi alternativi e soprattutto dai nuovi orizzonti determinati dallo sviluppo di banche per la conservazione di cellule, tessuti e organi umani”.