Anche quest’anno l’Università di Genova si distingue per l’impegno verso i metodi alternativi alla sperimentazione sugli animali. In questi giorni si è svolto il primo corso teorico-pratico sulle tecniche in vitro dal titolo “DARE UN SENSO AI METODI ALTERNATIVI ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE” (locandina in allegato), dove i numerosi relatori hanno esposto le tecniche più innovative in materia, tra cui modelli di colture cellulari umane 3D, bioreattori e nuovi supporti, come scaffold e idrogel (non più a base di collagene di origine animale).
Si tratta purtroppo dell’unica tra le università italiane ad investire realmente in questo tipo di formazione. Un settore, quello dei modelli non animali, che catalizza la crescente attenzione del mondo della ricerca, sia per motivazioni di ordine scientifico - l’alta riproducibilità, la velocità nell’acquisizione del dato e l’attendibilità - che per ragioni etiche.
E’ importante specificare che le cellule umane utilizzate in questo tipo di sperimentazione provengono da scarti di tessuti destinati all’inceneritore - tra cui prepuzio e materiale proveniente da liposuzione - e che pertanto, il recupero di materiale umano dovrebbe essere incentivato. I cittadini sarebbero contenti di aiutare la ricerca, mentre attualmente nel nostro Paese si continuano ad allevare animali per sopprimerli e ricavarne tessuti da destinare ai vari usi della sperimentazione.
Come per tutti i modelli, anche nelle tecniche in vitro la necessità di utilizzare cellule umane deriva dal fatto che utilizzando quelle animali come modello per l’uomo, il dato che si ottiene è fuorviante. Dimostrazioni scientifiche hanno infatti evidenziato come, sia nella singola coltura, che nella riproduzione di sistemi multi-organo, si abbiano risposte diverse tra specie diverse!
Il corso promosso dall’Università di Genova ha inoltre toccato un altro tema molto sensibile: l’utilizzo del siero fetale per far crescere le cellule di coltura (il siero viene prelevato da femmine gravide uccise il cui feto, quasi completamente formato, subisce una puntura intracardiaca). Si tratta di una pratica brutale, che potrà finalmente essere superata, grazie a mezzi di coltura serum-free che forniscono risultati migliori, vista la composizione costante e la mancanza di rischio di contaminazione.
La nuova legge italiana ha deluso fortemente le aspettative del mondo antivivisezione, per la scarsità dei finanziamenti destinati ai metodi alternativi, assolutamente insufficienti per programmi concreti di formazione. Nell’augurarsi che altre università seguano l’esempio di Genova, la LAV conferma il suo impegno contro la vivisezione, continuando a lavorare per far conoscere ai ragazzi che esistono un’altra ricerca e un altro futuro, alternativi alla sperimentazione sugli animali.
Michela Kuan – Responsabile LAV Settore Vivisezione