Il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, è diventato un pericolo per le cosche mafiose per aver fatto una cosa semplicissima, oserei dire ovvia, che diventa però rivoluzionaria, e come tale pericolosa, in un sistema affaristico/collusivo: ha revocato le concessioni demaniali a imprenditori vicini alla criminalità organizzata.
Una cosa che dovrebbe essere normale, ma è proprio la normalità della legalità che spaventa i mafiosi, perché la criminalità, come bacillo infettivo, cresce e si riproduce in una coltura di miasmi malsani, nutrendosi di illegalità, compromessi, connivenze e corruzione.
La ventata di legalità rappresentata da Antoci, da alcuni sindaci, e dalla Polizia di Sant’Agata di Militello, è l’antidoto al veleno mafioso. Questo le cosche lo sanno bene, per questo sparano.
Le infiltrazioni criminali nel comparto degli allevamenti e della pastorizia non sono nuove. È storia vecchia, ma sempre nuova. Basta vedere cosa stanno svelando le indagini del commissariato di Polizia di Sant’Agata di Militello: traffici di animali infetti da tubercolosi, uso di farmaci vietati, furti e macellazioni clandestine. Non è un caso che anche loro sono nel mirino delle cosche. I mafiosi hanno capito che questa volta non si tratta di un’indagine passeggera e limitata e, soprattutto, che non si può neutralizzare facilmente attraverso i soliti intrallazzi.
Perché chi doveva vigilare amministrativamente sull’operato di funzionari infedeli non è intervenuto?
Ciro Troiano
Criminologo, Responsabile Osservatorio Nazionale Zoomafia