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Embrione pecora-uomo, ricerche fallimentari alimentano business e false speranze

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Ultimo aggiornamento

lunedì 19 febbraio 2018

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Ancora uno studio di ingegneria genetica applicata su animali: dopo il caso delle scimmiette clonate, arriva la notizia del primo embrione ibrido uomo-pecora. L’esperimento americano che mira a creare organi umani utilizzando animali come incubatrici, è stato realizzato introducendo cellule staminali adulte umane 'riprogrammate', nell'embrione di pecora, lasciato crescere per 28 giorni, termine massimo autorizzato per l'esperimento, di cui 21 nell'utero animale.

Non si possono non fare considerazioni morali davanti a questi studi aberranti, la ricerca non può prescindere dall’etica, e qui si sono superati limiti sia nei confronti degli animali che dell’uomo. Far nascere chimere uomo-animale è un errore che, oltretutto, scientificamente non ha alcun fondamento.

Da decenni, infatti, si usano maiali e scimmie per xenotrapianti di organi tra specie diverse, senza nessun risultato positivo, ma con rischi altissimi per l’uomo. Il trapianto di organi tra specie diverse è in grado di scatenare l’attività di virus silenti e innocui nell’organismo originario ma che potrebbero scatenare epidemie nell’uomo.

Critici anche il direttore del Centro nazionale trapianti, che ha ricordato i problemi legati a “modificazioni genetiche che riguardano le linee germinali e la tolleranza genetica alla possibilità di far crescere organi umani in organismi animali”, e il Comitato nazionale di bioetica, che nel 2016 si è pronunciato contro la ricerca con organismi ottenuti mescolando materiale genetico umano e animale, sottolineando la pericolosità nell’accettazione del concetto di interspecie.

Purtroppo il divieto di xenotrapianti, che doveva entrare in vigore nel 2017, è slittato di almeno 3 anni, lasciando l’Italia nel novero dei Paesi in cui si può fare “ricerca” in quella direzione. Ci siamo battuti per quel divieto, sostenendo al contempo la donazione di organi e tessuti collaborando anche con Università e Centri ospedalieri che si occupano della raccolta da volontari, e la nostra battaglia prosegue.

Michela Kuan
Responsabile Area Ricerca senza animali

(foto dal web)