Nuovo censimento della LAV sul randagismo in Italia: cosa è cambiato in 10 anni? Un fenomeno complesso da monitorare a causa della difficoltà di reperire dati ufficiali aggiornati e omogenei, in apparente flessione ma ancora troppo diffuso. Il Sud Italia si conferma purtroppo fanalino di coda in politiche di prevenzione in questo campo e a causa di un elevato numero di cani nei canili, di cani e gatti vaganti e la cui riproduzione è spesso incontrollata. In lieve calo le adozioni dai canili/gattili, anche effetto della cristi economica e di insufficienti politiche di incentivi per chi adotta. Positivo aumento delle iscrizioni all’anagrafe canina.
In Italia i cani randagi sarebbero tra 500 mila e 700 mila[1], secondo l’ultima stima diffusa dal Ministero della Salute nel 2012. L’ultimo dato ufficiale sul numero presunto di gatti liberi risale ancora al 2006 quando sarebbero stati ben 2.604.379. Ed è proprio la carenza di dati completi e aggiornati a rendere più complesso il monitoraggio di questa realtà, primo indispensabile passo per adottare politiche di prevenzione mirate ed efficaci.
Secondo il dato più recente reso noto lo scorso anno in occasione di un confronto interregionale sul randagismo organizzato dalla Regione Lombardia[2], nel 2015 in Italia sarebbero stati 131.302 i cani detenuti nei canili, di cui 13.064 in quelli sanitari[3] e 118.238 in quelli rifugio.[4]
“Fatta eccezione per i numeri relativi ai cani iscritti nell’anagrafe degli animali d’affezione, non esistono dati ufficiali aggiornati resi pubblici. Una carenza informativa grave: senza queste informazioni non è possibile fare una analisi e mettere in atto politiche e strategie efficaci per contrastare un fenomeno che causa gravissime sofferenze agli animali e rappresenta un ingente costo per la collettività”, spiega Ilaria Innocenti, responsabile LAV Area Animali Familiari