“L’animalismo è ben diverso da quello mostrato ieri sera su Rai2: è impegno, preparazione, denuncia e sensibilizzazione, non folclore”. Questo il nostro commento alla quinta puntata della trasmissione “Animali come noi” il cui tema conduttore era la caccia, con sconfinamenti sull’allevamento di visoni e sul fenomeno dell’accumulo di cani.
La trasmissione in più di un’ora ha demolito l’immagine dell’animalismo, svuotandolo dei suoi contenuti ideali e dei concetti innovativi che lo accomunano a tanti altri movimenti che nel tempo hanno contribuito a determinare l’evoluzione della nostra società. E’ stato ridotto a un fenomeno di colore, svilendo l’impegno, la preparazione, il lavoro strategico che accompagna le nostre battaglie, a livello istituzionale, legale, mediatico.
Animali come noi ha annichilito gli animalisti cucendogli addosso il ruolo delle macchiette, rinchiusi dentro un recinto impegnati a lanciare improperi bippati per i loro contenuti vietati ai minori, verso i visitatori di una fiera della caccia. Oppure rappresentati da un’anziana e truccatissima signora che indossa la pelliccia, ma anche da un’altra signora che convive in una casa che non riesce a pagare, circondata da una trentina di cani.
Dall’altra parte cacciatori e un allevatore di visoni ai quali è stata assegnata la parte della moderazione e del buonsenso: una contraddizione in termini. Sorridenti, concilianti mentre filosofeggiano sulla meraviglia di andare a caccia all’alba circondati dalla natura, o correggono la giornalista affermando che loro non uccidono animali, bensì eseguono un “prelievo”. Non bastasse tutto ciò, la trasmissione ha dedicato una circa una decina di minuti all’intervista di una cacciatrice presidente di una confederazione di associazioni venatorie. Minuti nel corso dei quali, senza alcun contraddittorio, sono state sciorinate le trite manfrine a difesa dei cacciatori e della loro funzione di “equilibratori ambientali”, tacendo ad esempio sul fatto che ogni secondo della stagione venatoria possono uccidere 139 animali a testa.
Ciò che è mancato nella trasmissione sono proprio gli animali, la loro sofferenza, lo sterminio perpetrato ogni anno nel corso della stagione venatoria, le volpi massacrate mentre allattano i loro cuccioli, i milioni di fagiani e lepri liberati il venerdì (giorno di silenzio venatorio) per essere ammazzati nel week end, i cinghiali braccati da decine di cacciatori, i migratori sfiancati da un viaggio lungo migliaia di chilometri fucilati appena attraversano le Alpi.
Anche valutando lo spazio concesso alle parti, il servizio ci sembra sbilanciato a tutto vantaggio dei cacciatori. Gli animali di fatto sono stati ricacciati nel fondo del baratro della loro infinita, quotidiana sofferenza. Tanto spazio a disposizione delle “buone ragioni” della specie dominante, ancora una volta riaffermate acriticamente con il movimento animalista ridotto a fenomeno da baraccone per fare, probabilmente, un po’ di colore. Animali come noi, ma ancora senza pari diritti, a cominciare dal pari diritto di replica.
Massimo Vitturi
Responsabile Area Animali selvatici